Crossover: come essere e rimanere innovativi?
Da una parte il team di ciclisti professionisti BORA – hansgrohe, dall’altra il settore Sviluppo prodotto di BORA
Innovazione. Una parola che negli ultimi anni è nella bocca di tutti e che non c'è modo di evitare quando si tratta di plasmare il futuro. Chiunque operi in un mercato concorrenziale deve costantemente evolversi, rinnovarsi e reinventarsi, con l’obiettivo principale di migliorarsi. Come fosse facile. L’innovazione di oggi costituirà domani la buona vecchia tradizione e, forse, dopodomani sarà già storia passata. Non c’è dubbio che proporre nuove idee e innovare sia un talento, ma dietro c'è anche un processo permanente di osservazione e apprendimento: questi sono i veri meccanismi propulsivi che rendono possibile l'innovazione.
Fin qui, la teoria. Ma in che modo si è, e soprattutto si rimane, innovativi? Chi può rispondere meglio a questa domanda se non un “Head of Innovations”? Sul tema abbiamo interrogato proprio due “Head of Innovations”: Sigi Gößler, responsabile del settore Ricerca & Sviluppo di BORA, e Dan Lorang, a capo del settore Performance & Innovations della squadra professionistica BORA – hansgrohe. Elettrodomestici da cucina e ciclismo: due ambiti che, visti da fuori, non potrebbero essere più diversi, ma forse non è poi così diversa tra loro la strada per il miglioramento e lo sviluppo costante. Se infatti si guarda innanzitutto alla personalità e all’approccio di entrambi, si riscontrano sorprendenti paralleli.
Si ringrazia per le foto:
BORA / Silvia Seebacher
BORA – hansgrohe / Christof Kreutzer
BORA – hansgrohe / Bettiniphoto
Dan Lorang
La fortuna aiuta gli audaci... e i capaci
Sigi Gößler, ingegnere meccanico, è da molti anni il Chief Technical Officer di BORA. Un pioniere. Segue l’intero ciclo di vita dei prodotti BORA, dalla concezione allo sviluppo, dall’immissione nel mercato al controllo qualità. Da appassionato ciclista, conobbe il fondatore dell’azienda BORA, Willi Bruckbauer, in occasione di un ritiro a Maiorca. E quella che iniziò come un'idea davanti a una birra a corsa finita si è poi trasformata in una vera storia di successo. Inizia così per Sigi l’avventura della costituzione del settore Sviluppo prodotti di BORA, all’inizio con un solo e unico collaboratore. Da allora, non solo si è ampliata considerevolmente la gamma di prodotti, ma di pari passo è avanzata anche la squadra sportiva. Oggi, nel settore Ricerca & Sviluppo lavorano 77 dipendenti e se ne aggiungono sempre di nuovi.
Dan Lorang, lussemburghese di nascita, ha studiato Scienze sportive con particolare attenzione agli sport competitivi ed è stato per anni attivo nel triathlon, tra l’altro come allenatore della nazionale tedesca. Come coach dei triatleti internazionali Jan Frodeno e Anne Haug, ha anche al suo attivo ben quattro titoli mondiali di Ironman alle Hawaii. Ma anche la sua carriera come allenatore non è andata sempre in linea retta. Le prime esperienze di Dan furono con atleti dilettanti o persone che volevano semplicemente perdere peso, tra gli altri anche la sua compagna di studi, la triatleta Anne Haug. Andava tutto bene, si divertiva, ma non guadagnava un singolo centesimo. “Quanto devi andare avanti per convincerti che funziona?”, gli chiese infine la moglie, dandogli così l’impulso decisivo a cercar fortuna facendo del suo hobby, o meglio della sua passione, un lavoro vero e proprio. Con la convinzione giunge anche la professionalizzazione e Dan inizia a farsi un nome negli sport competitivi di resistenza. E con la certezza che il coraggio paga, cinque anni fa si avventura nella transizione dal triathlon al ciclismo; da allora segue la squadra mondiale BORA – hansgrohe come allenatore e Head of Performance & Innovations.
Fin qui, due carriere di successo; ma quali sono le capacità e abilità necessarie per arrivarci? Per entrambi, l’evoluzione è partita da un innato spirito innovativo, ma ora la routine quotidiana consiste nel guidare e, soprattutto, dare la possibilità a un'intera squadra di agire in modo innovativo. Oltre alla competenza, ci vuole un’ambiente di lavoro creativo e soprattutto una struttura, afferma Sigi. E la capacità di ascolto ed empatia, aggiunge Dan. Nelle rispettive personalità si intravvedono alcuni parallelismi: entrambi sono piuttosto pacati e trasmettono tranquillità; avventato e impulsivo non sono certo attributi che li riguardano. Ma, come spesso accade, anche per Sigi e Dan oltre l’apparenza c’è molto di più. Quando aprono bocca, quello che dicono ha un peso ed è ben ponderato; lo si percepisce subito. Sanno bene quello che fanno e tengono i loro obiettivi sempre ben in vista. Da piccoli, nessuno dei due era bravo a perdere. Ovvio: a chi piace perdere? Ma dalle sconfitte entrambi hanno sviluppato una sorta di motore interno verso la perfezione. Dopo una vittoria, si va avanti. E dopo una sconfitta ancora di più, proprio perché è dalle sconfitte che si impara maggiormente. Entrambi hanno rapidamente interiorizzato questo concetto, portandolo con loro dalla sfera privata e sportiva alla vita professionale. Eppure, lungi dal mettersi al centro dell'attenzione, abbiamo a che fare con veri giocatori di squadra. Entrambi lo sanno: “Teamwork makes the dream work”, sia nel ciclismo che nella produzione. E i successi conseguiti dalla squadra sono tanto più gratificanti quanto più se ne può condividere la gioia.
Teamwork makes the dream work
Suona tutto così facile, ma il successo professionale non è totalmente pianificabile: piuttosto, si evolve grazie a molti fattori complessi. La principale caratteristica che li accomuna non è la spinta verso l’innovazione. Sigi non si vede affatto come grande innovatore, ma piuttosto come “enabler”. Neppure Dan sommerge costantemente i suoi atleti con nuove idee, perché ognuno reagisce e si evolve in modo diverso. C’è chi è sempre aperto alle novità e chi ha bisogno di più costanza e di un po’ più di tempo per adattarsi ai cambiamenti. Se si guarda alle diversità intrinseche del velocista Pascal Ackermann, dello scalatore e specialista di corse a tappe Emanuel Buchmann e del tuttofare Maximilian Schachmann, diventa chiaro come il coaching di Dan Lorang debba essere creativo. Lavorando con personalità diverse, oltre alla pura e semplice tecnologia della corsa entra in gioco quel certo fattore X. Qui si tratta principalmente di ascoltare, perché gli sportivi hanno bisogno di libertà e fiducia per sentirsi bene e dare il massimo. Dan, per esempio, discute le idee iniziali solo con una piccola cerchia all'interno del team in allenamento, per poi estenderle con cautela; solo allora le mette alla prova con gli atleti che sa essere curiosi e avere una certa propensione per le novità. Come allenatore fa sempre un passo indietro, assumendo deliberatamente il ruolo di osservatore per raccogliere il feedback dell'atleta. Qui è richiesta soprattutto pazienza, perché l’innovazione non va forzata. Soprattutto quando – come nel caso di BORA - hansgrohe – le persone coinvolte non lavorano in un unico luogo e molti aspetti devono essere discussi a distanza. Infatti, a parte una o due sessioni di allenamento all’anno con la squadra al completo, gli atleti si allenano spesso soli nel proprio luogo di residenza o in piccoli gruppi.
Nell’azienda BORA, la modalità di lavoro è diversa perché i confronti di persona sono all’ordine del giorno. E sebbene Sigi lavori con prodotti tecnologici, in BORA sono le persone a giocare sempre e comunque il ruolo più importante, ponendo le basi per le ultime innovazioni tecnologiche. A rendere le cose più difficili, l’équipe di Sigi può ottenere solo un feedback limitato da parte dei clienti, soprattutto durante la fase di sviluppo di un prodotto. La sfida consiste nel compensare questo aspetto con la conoscenza del mercato, la lungimiranza e metodologie innovative. La particolare capacità di immaginare come potrebbe essere il futuro in cucina fa parte delle competenze richieste. “Si tratta, in pratica, di vedere con gli occhi del cliente”, sostiene Sigi. In questo caso, per individuare le necessità degli utenti finali, aiuta considerare in fase precoce carenze ed eventuali problemi dei clienti. Solo allora sarà possibile soddisfare al meglio le loro aspettative. Qui è particolarmente importante una comunicazione trasparente nell’ambito della squadra di lavoro, da espletare nella prassi quotidiana, tra le altre cose, attraverso riunioni agili, tenute sia con modalità digitali che in presenza, dove ogni idea venga appuntata con il proprio status. Ma deve esistere anche un “cimitero delle idee”, nel quale vengono messe a riposo quelle idee per cui i tempi non sono ancora maturi. Questa forma di “riciclaggio delle idee” la conosce anche Dan, dato che anche nei suoi cassetti riposano costantemente idee vecchie e nuove.
Non tutte le idee sono infatti destinate al successo: i fallimenti fanno parte del gioco e devono essere accettati dal team. Il concetto di “successo” è comunque relativo per entrambi. Anche se i ciclisti si misurano con le vittorie e i nuovi prodotti di BORA devono dare il massimo rendimento sul mercato, non si tratta sempre e solo di ottenere una vittoria oggettiva. A volte sono proprio i cambiamenti piccoli, quasi impercettibili, a portare avanti le tappe decisive nel grande puzzle delle cose.
Non c’è progresso senza regresso
Entrambi concordano sul fatto che vincere sempre è noioso e, soprattutto, uccide l'innovazione. Detto con le parole di Sigi, “se sulla mia strada non incontro qualche fallimento, significa che non sto lavorando abbastanza bene”. Sia nello sport che nello sviluppo di prodotti è importante in ogni caso sfruttare al massimo la libertà e il potenziale innovativo esistenti e, a volte, spingersi anche oltre il limite e rischiare. È accaduto con un prodotto BORA che Sigi giudicava troppo innovativo e non maturo per il mercato e che alla fine è stato ritirato. Ne è conseguita però una procedura di test più precisa dei nuovi prodotti. Un passo indietro, due in avanti. Anche questo fa parte del processo innovativo.
Dan non potrebbe essere più d’accordo: tra l’altro, i fallimenti (sportivi) sono proprio quello che permette a tutti gli interessati di concentrarsi e focalizzarsi nuovamente, cosa che viene invece presto trascurata quando si è già sulla strada del successo. Inoltre, gli atleti si trovano spesso a correre sul filo del rasoio, dove una vittoria può anche essere seguita da una battuta d'arresto. Non sempre si tratta di fattori esterni, che difficilmente si possono influenzare, perché molte cose possono essere gestite consapevolmente nelle fasi di allenamento. Nonostante i fattori di disturbo esterni, un atleta deve mostrare fondamentalmente flessibilità per non perdere di vista l’obiettivo e la concentrazione. Per Dan, l’aspetto più importante è discutere di questo percorso minato con gli atleti stessi, in modo da prendere decisioni coerenti. Questo perché si lavora in maniera efficiente e innovativa solo con l’impegno assoluto di tutti gli interessati. Lo si è visto, per esempio, con la misurazione della temperatura corporea durante la corsa a tappe. Doveva essere fatta solo a scopo di test, ma poi un corridore ha posto la domanda: “perché?”. Se in questo caso Dan avesse parlato di un “test senza motivo”, l'accettazione dell’atleta sarebbe immediatamente venuta meno. Invece, si è preso la briga di spiegare tutto per filo e per segno e, alla fine, anche quell'atleta si è sentito coinvolto e ha contribuito attivamente esprimendo le proprie idee. Per Dan, questo è “la cosa migliore che ti può succedere”.
Dall’altro lato stanno i fallimenti, come l'errore di valutazione delle conseguenze delle cadute in vista del Tour de France del 2020. Nel caso concreto, Emanuel Buchmann e Gregor Mühlberger erano caduti senza riportare lesioni gravi. Ben presto avevano ripreso gli allenamenti e si sentivano bene. Ma il corpo necessitava comunque di più tempo per rigenerarsi e, durante il Tour de France, entrambi hanno dovuto lottare con le conseguenze, incapaci di fornire le massime prestazioni. Eppure, anche questa sconfitta è stata allo stesso tempo un’esperienza istruttiva, come sottolinea Dan: “Non rifarei più la stessa cosa”.
A tutta birra, avanti con l'innovazione?
Ma come si riesce ad essere davvero innovativi? Da dove viene l’ispirazione, quando arrivano le idee? Un'atmosfera aperta e indaffarata in ufficio è importante e anche una certa dose di pressione è utile, ma Sigi ci tiene a sottolineare che, nel suo team, quasi tutte le idee arrivano nel tempo libero, all'aria aperta o facendo sport. Perché l’ispirazione ha bisogno di spazio. Ecco spiegato il motivo per cui l’azienda BORA promuove attivamente uno stile di vita sano e il movimento all’aria aperta. Trascorrere la pausa pranzo a fare sport? In BORA non è un problema! Oltre all’ispirazione fornita dallo sport, anche staccare la spina quando si torna a casa, in famiglia o con gli amici, costituisce una sorgente importante di ricarica energetica in vista di nuove sfide. Tutti e due imparano volentieri anche dai rispettivi figli (entrambi di 8 anni), che spesso affrontano le cose in modo molto più imparziale e non convenzionale. Dan ama anche portare il cane a fare una passeggiata la mattina presto, oppure fare sport per preparare il fisico alla giornata che lo aspetta.
Entrambi hanno bisogno di un mix produttivo di slanci e riposo. Sigi lo descrive bene: “L’irrequietezza è il motore, ma la quiete conduce all’obiettivo. Sono entrambi necessari.” Dan sottoscrive senza riserve e qui entrambe le personalità tornano a identificarsi una con l’altra.
Nel dibattito sull'emergere delle innovazioni, anche fiducia e apprezzamento sono da entrambi considerati presupposti fondamentali. E questi si ottengono in particolare grazie ai successi, come ad esempio quando Dan, coach proveniente dagli sport di resistenza, allena il velocista Pascal Ackermann per la conquista della classifica a punti (“maglia ciclamino”) del Giro d’Italia. Dan ha bisogno di questa fiducia personale anche lavorando a distanza e senza meccanismi di controllo diretto nell’ambito della squadra. Sigi aggiunge che la sicurezza in se stessi cresce tanto più quanto viene accordata e confermata la fiducia. L’hanno appreso dai rispettivi supervisori nel corso della loro carriera e vogliono trasmetterlo costantemente anche ai propri collaboratori, in modo tale da far evolvere l’intera squadra. Perché è solo attraverso l’impegno e l’accettazione che le innovazioni possono infine essere affrontate con fiducia in se stessi, coraggio e apertura.
Entrambi sono d’accordo sul fatto che ottimismo e audacia, uniti a un certo grado di tolleranza della frustrazione, siano anch’essi presupposti per l’innovazione. Ma anche i membri più pessimisti vengono da entrambi integrati in modo produttivo nei processi di innovazione, in quanto contribuiscono a far riflettere sulle proprie idee, ad interrogarsi a posteriori e, alla fine dei conti, a migliorarsi.
Sinergie da sfruttare
Ciò che colpisce più volte entrambi i personaggi sono le somiglianze riscontrate nel profondo di questa conversazione. Non si tratta di un puro gioco di domande e risposte. Entrambi si completano e si rafforzano a vicenda e ne è scaturita una chiacchierata a più livelli. Pur lavorando a prima vista in ambiti e ambientazioni del tutto diversi, a ben vedere si riscontrano paralleli sorprendenti. È vero che entrambi ricoprono ruoli dirigenziali che li inducono a contribuire costantemente al miglioramento di processi umani e tecnologici e alla creazione di nuove idee. E infatti sono propensi all’ascolto, a dare fiducia, a bilanciare sempre riposo e pazienza con motivazione e spinta, nonché a fare da moderatori nella comunicazione delle rispettive squadre. Entrambi portano sulle spalle la responsabilità di un gran numero di collaboratori, colleghi, atleti. Eppure, anche nelle preferenze e nei tratti privati al di fuori del lavoro, queste due personalità tranquille ma altrettanto determinate scoprono continuamente aspetti comuni e, spesso, all’uno non resta che sottolineare quanto affermato dall’altro. Ma mai senza trarne ispirazione e approfondire ulteriormente l’argomento. Anche nell’approccio all’innovazione, Dan e Sigi si sentono accomunati da somiglianze e successi.
Peraltro, le differenze maggiori si riscontrano nelle attività di per se stesse e nella struttura in cui operano. Sia la struttura forzatamente decentralizzata di BORA – hansgrohe, con corridori sparsi in tutta Europa, sia il lavoro concentrato localmente dell’azienda BORA presentano vantaggi e svantaggi. Ed è proprio qui che entra in gioco ancora una volta lo spirito innovativo di entrambi, ansiosi di gettare uno sguardo nella quotidianità dell’altro per imparare vicendevolmente l’uno dalla guida della squadra e l’altro dalla gestione dei processi innovativi, magari coinvolgendosi anche attivamente. Magari sbirciando un workshop, seguendo un meeting dal vivo, raccogliendo altri e più incisivi spunti dal lavoro dell’altro. Restiamo dunque in trepidante attesa delle innovazioni di cui entrambi risponderanno nei prossimi anni. E non c’è dubbio che questa non sarà l’ultima conversazione profonda tra questi promotori di innovazione in BORA – hansgrohe e in BORA azienda.